E quando tu avessi finito di ridere e di moralizzare a tuo senno, "Fidati, Eugenio mio" t'avrei detto "vedrai il mondo affaccendarsi peggiormente che a tastare il polso a una donna(64)". "Ma d'una grisette?" dirai tu "e in una spalancata bottega? Yorick!"
Meglio: quando ho rette intenzioni, non ne do nulla che l'universo non mi veda o mi veda col polso fra le dita.
XXXIII
IL MARITO
PARIGI
Io aveva già contate venti battute, e mi mancava poco alla quarantesima, quando il marito comparí da una retrostanza improvviso, e guastò sul piú bello i miei conti.
- Non è se non mio marito - diss'ella.
Io dunque mi rifeci a contare da capo. - Monsieur è tanto garbato - diceva ella al marito - che, passando da noi, s'è voluto incomodare a tastarmi il polso. - Il marito si levò il cappello, mi s'inchinò, disse ch'io gli facea trop d'honneur: disse, si ripose il cappello, e se n'andò.
Dio mio, Dio mio!
dissi meco "e questo uomo sarà egli marito di questa donna?"
Quei pochi che sanno il perché della mia esclamazione non s'abbiano a male s'io la commento in grazia di chi non lo sa.
In Londra un bottegaio e la moglie d'un bottegaio paiono d'una polpa e d'un osso(65); e benché le doti del corpo e dell'animo sieno in essi diverse, sono nondimeno ripartite tra di loro in tal guisa ch'ei si stieno appajati e d'accordo per quanto tra marito e moglie si può.
In Parigi troveresti a fatica due individui di specie cosí svariate come il bottegaio e la moglie del bottegaio. La potestà legislatrice e l'esecutrice della bottega non risiedono nel marito.
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Eugenio Dio Londra Parigi
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