Ed ella si guardò dietro, e riguardò; e se n'andava rasente il muro, come per dar luogo a taluno che saliva le scale. "Oibò" dissi "questa è traduzione plebea(74): posso far ammenda migliore, e la marchesina può giustamente pretenderla, e però m'apre questo adito": onde, raggiungendola la supplicai che mi perdonasse, e credesse ch'io non tendeva che a cederle il passo. - Ed io a lei - rispos'ella; e ci siamo ringraziati scambievolmente. Stava in cima alla scala; e, non vedendole intorno verun cicisbeo(75), la pregai che si degnasse della mia mano sino alla porta; e scendemmo fermandoci quasi ad ogni gradino a discorrere e del concerto, e del nostro sconcerto.
- Davvero, madama - le dissi dandole braccio a salire in carrozza - io feci sei sforzi perché ella potesse uscire.
- Ed io sei, perch'ella potesse entrare - disse ella.
- Se il ciel ispirasse a madama di far il settimo! - le diss'io.
- Con tutto il cuore - e mi fe' luogo nella carrozza. Le formalità non prolungano la nostra cortissima vita; entrai senza piú; e m'accompagnò a casa sua, e quanto al concerto credo che Santa Cecilia(76) vi fosse, e ne saprà piú di me.
Dirò bensí che l'amicizia ch'io mi procacciai con questa traduzione fu a me piú cara di quante ebbi l'onore di contrarre in Italia(77).
XXXVI
IL NANO
PARIGI(78)
Da un solo - e probabilmente il suo nome non si leggerà in questo capitolo - io avevo sino a quel giorno udito fare l'osservazione, e una volta da un solo: qual meraviglia dunque che io, non essendone preoccupato, ritraessi attonito gli occhi dalla platea? attonito dell'indefinibile scherzo della Natura nella creazione di tanta turba di nani.
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