Te! te, o tre volte dolce e graziosa Dea! Te, o Libertà! invocano tutti con solenni e con domestiche supplicazioni. Te, che hai sapore gradito, e l'avrai finché Natura non rinneghi se stessa; né orpello mai di parole potrà contaminare il tuo candido manto; né forza d'alchimia tramuterà in ferro il tuo scettro. Teco, e se tu gli sorridi, mentr'ei mangia il suo pane, il pastore è piú beato del suo monarca, dalla corte del quale tu se' sbandita. Dio misericordioso!" esclamai inginocchiandomi sul penultimo gradino salendo "Dispensatore dell'universo! concedimi solamente la sanità e lasciami per unica mia compagna quest'amabile Dea! piovano poi le tue mitre, se cosí parrà bene alla tua divina provvidenza, su quelle teste che si curvano di languore aspettandole."
XLI
IL CARCERATO
PARIGI
L
'uccello in gabbia mi perseguitava nella mia camera. M'assisi presso al tavolino; e sostenendomi il capo con una mano, mi posi a rappresentarmi le miserie della prigione. L'anima contristata lasciò libero campo alla fantasia.
E principiai da tanti milioni di creature tutte mio prossimo, e tutte nate con l'unico patrimonio della schiavitú. Ma, per quanto il quadro fosse compassionevole, m'avvidi ch'io non poteva ravvicinarmelo, e che sarei sopraffatto e distratto dalla folla di que' tristissimi gruppi.
Mi tolsi un prigione solo; e serrato ch'io l'ebbi dentro il suo carcere, m'apparecchiai a farne il ritratto, osservandolo dal pertugio della sua porta inferrata.
Vidi il suo corpo macerato dall'aspettar lungo e dalla prigionia; ed io sentii quella malattia di cuore che nasce dalla speranza protratta.
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