XLII
LO STORNELLO
STRADA DI VERSAILLES
Entrai all'ora decretata nella remise: La Fleur salí dietro; e ordinai al cocchiere che s'affrettasse a Versailles.
Siccome per quella strada non trovai nulla, o piú veramente nulla di quanto cerco viaggiando, non saprei di che riempire le carte di questa data del mio itinerario, se non se forse con la storia di quel medesimo uccello che diede materia al capitolo precedente.
Mentre l'honourable mister *** aspettava il vento a Douvre, un giovinotto suo palafreniere colse su quelle rocce lo stornello che non sapeva ancor ben volare; però non ebbe cuore di ucciderlo, e se lo recò in seno nel navicello; e nutrendolo e proteggendolo, non passò il terzo giorno che il garzonetto pose amore all'uccello e lo condusse a salvamento sino a Parigi.
E diede una lira per una gabbietta; e non avendo che fare di meglio, il garzonetto, ne' cinque mesi che il suo signore dimorò in Parigi, andava insegnando nella sua lingua materna all'uccello le quattro parole (e non piú) alle quali io mi chiamo debitore di tanto.
Quando il signore partí per l'Italia, il garzonetto lasciò lo stornello all'albergatore. Ma la sua canzonetta di libertà era in lingua mal nota(94) a Parigi; però l'uccello non fece avanzi, o pochissimi, Cosí che La Fleur con una bottiglia ai Borgogna comperò per me l'uccello e la gabbia.
Ripatriando io dall'Italia, lo condussi meco al paese nella cui lingua esso avea imparate quelle sue note; e raccontando i suoi casi a Lord A, Lord A mel richiese; e dopo una settimana Lord A lo diede a Lord B; Lord B ne fe' dono a Lord C, e il cameriere di Lord C lo rassegnò a Lord D per uno scellino; Lord D lo regalò a Lord E, e via cosí - e cosí andò in giro per mezzo l'abbiccí. Dalla camera alta passò alla bassa, e fu ospite di parecchi parlamentari de' Comuni.
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