mi disse il cuore "dal conte de B***, che ha in tanto concetto i libri inglesi e gl'Inglesi? gli dirò il caso mio." Cosí mutai strada due volte; anzi tre: perch'io m'era obbligato per quel giorno con madame de R***, rue des Saints-Pères; e le aveva fatto divotamente significare dalla sua fille-de-chambre ch'io la visiterei domattina senz'altro: ma le circostanze mi governano, né io so governarle. Vidi frattanto a capo della via un uomo ritto davanti a un canestro, che vendeva non so che; e vi mandai La Fleur acciocché s'informasse dell'hôtel del conte de B***.
La Fleur tornò mezzo smorto dicendo che il venditore de' pâtés era un chevalier de Saint-Louis:
- Ti pare! La Fleur! - Né La Fleur sapeva indovinare il fenomeno.
- Ma non v'è da dire: l'ho veduto io, e la croce è legata in oro - diceva La Fleur - ed appesa con la fettuccia rossa all'occhiello: ho guardato nel canestro, e ci sono i pasticcetti; e chi li vende è quel chevalier: non isbaglio.
Tanto rovescio nella vita d'un uomo eccita nell'altr'uomo un istinto ben diverso dalla curiosità; e mi fu forza di considerarlo per un pezzo dalla carrozza: ed esso e la croce e il canestro s'imbrogliavano sempre piú nel cervello: smonto, e me gli accosto.
Era cinto d'un politissimo grembiule di tela che gli cascava oltre il ginocchio; il pettorino del grembiule gli arrivava a mezzo il petto; e dalla cima del pettorino, a un po' sotto l'orlo, pendeva la croce. Il canestro e i pasticcetti erano coperti d'un tovagliolo bianchissimo damascato, e un altro consimile era disteso nel fondo; e vedevi tal apparato di propreté e di nitidezza, che tu potevi comperare de' suoi pâtés tanto per appetito quanto per sentimento.
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