— Non posso accettare le vostre proposte; no, non posso proprio! — disse l’altro, guardando il bicchiere pieno che teneva alzato tra gli occhi suoi e la candela.
— Perché no, Haley? Tom supera in pregi ogni altro schiavo, né vi è somma che possa pagarlo; è fedele, onesto, pieno d’abilità; egli governa la mia fattoria come un orologio.
— Onesto come può esserlo un negro! — rispose Haley versandosi un bicchiere d’acquavite.
— Oh, no! V’assicuro che Tom è un servo buono, amorevole e religioso. Egli si fece cristiano quattro anni or sono, allorché passò di qui l’ultimo predicatore, ed io credo che lo diventasse davvero. D’allora in poi gli affidai tutto ciò che possiedo: denaro, casa, cavalli; gli concessi di percorrere il paese, e l’ho trovato sempre fedele e puntuale in ogni cosa.
— Molte persone non sanno persuadersi che i negri possano aver religione — disse Haley, levando la mano con un certo gesto di sincerità — per me, non son di questo parere. Io avevo uno schiavo, comprato l’anno scorso alla Nuova Orléans, tutto religione, e di una dolcezza veramente angelica. Lo comprai in un momento in cui il suo padrone si trovava nella necessità di venderlo, e ne ho ricavato seicento dollari di guadagno. In verità io considero la religione, quando essa è pura e senza miscuglio, come cosa eccellente in un negro.
— Tom — riprese Shelby — è appunto quale voi dite. L’autunno scorso, mandandolo solo a Cincinnati per dar sesto ad alcune mie faccende e riportarmi cinquecento dollari, gli dissi:
«— Tom, io mi fido di voi perché siete cristiano ed incapace d’ingannarmi: ho la certezza che tornerete.
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