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      Vi era qualche cosa di sì piccante e singolare in quella dissertazioncella di umanità, che Shelby non poté fare a meno di riderne.
      Il riso di Shelby incoraggiò il nostro mercante.
      — Cosa strana — egli disse — che io non abbia mai potuto ficcar queste idee nella testa altrui! Tom Loker, del paese di Natchez, mio antico socio, è un ottimo figliuolo, ma spietato coi negri; eppure non vi fu mai uomo migliore sotto la cappa del cielo. Io gli dicevo continuamente:
      «— Perché, Tom, quando le vostre negre si lamentano, voi le battete? Ciò non va bene, ed è cosa ridicola. Non v’accorgete che le loro grida non sono pericolose, che è la natura che si sfoga, e che se essa non prende questa via, ne prenderà un’altra? E poi, un tal trattamento le rende malaticce, deboli, fiacche; neppure il diavolo potrebbe costringerle al lavoro. Perché non si avrebbe da usar bontà con esse e parlar loro con dolcezza? Un po’ di umanità a lungo andare vi produrrà più guadagno che le vostre minacce e le vostre battiture. —
      «Ma Tom nulla voleva ascoltare, e mi dimostrò tanto disprezzo, che io fui costretto a romperla con lui, benché egli fosse un eccellente socio, abilissimo negli affari.
      — Vedeste alla prova che il vostro metodo era migliore di quello di Tom Loker, non è vero?
      — Sì, signore; io evito le cose sgradevoli, come sarebbe lo strappare i bimbi dalle braccia delle loro madri ed il porli in vendita. Li piglio quando son fuori della vista dei loro genitori, nell’istante in cui meno vi pensano. Dopo il fatto, tutto va da sé; non avendo più speranza, alcuna, si quietano.


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La capanna dello zio Tom
di Harriet Beecher Stowe
Editore Salani Firenze
1930 pagine 624

   





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