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      Essi ricevettero la benedizione nuziale nella gran sala della signora Shelby, che ornò ella medesima di fiori di cedro i bei capelli della sua schiava ed acconciò il candido velo sulla graziosa sua testa. Nulla mancò a quelle nozze, né i guanti bianchi, né i vini squisiti e le paste dolci, né i convitati per ammirare la bellezza della sposa e l’indulgente liberalità della sua padrona.
      Nel corso di due anni Elisa vide spesso suo marito, né la loro felicità fu interrotta se non dalla perdita di due bambini che essi amavano appassionatamente. La giovane madre li pianse con un cordoglio sì profondo, che la signora Shelby, la cui materna sollecitudine si adoperava continuamente a indirizzare verso il cielo quell’anima di fuoco, gliene dovette fare dolci rimproveri.
      Dopo la nascita di Enrichetto il dolore di Elisa si acquetò ed il suo cuore, riannodato da quel fanciullo alla vita, a poco a poco sentì le sue piaghe rimarginarsi. Essa fu felice fino all’istante in cui il suo marito venne strappato dalla fabbrica per mano di chi n’era il possessore legale.
      Fido alla sua parola, il fabbricante visitò Harris alcune settimane dopo l’avvenimento sperando di trovare acquetato il suo sdegno, e con tutti gli argomenti possibili si studiò di persuaderlo acciocché rimettesse il suo schiavo alle precedenti sue occupazioni.
      — Non mi venite a rompere il capo; — rispose quegli brutalmente — so quello che ho da fare!
      — Non era intenzione mia d’insegnarvelo, signore; ma pensavo che, considerato bene ogni cosa, voi avreste trovato il vostro interesse a cedermi quest’uomo alle condizioni che io vi proponevo.


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La capanna dello zio Tom
di Harriet Beecher Stowe
Editore Salani Firenze
1930 pagine 624

   





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