Queste ultime parole ferivano Elisa nel più vivo dell’anima,.
Il pensiero del mercante visto quella mattina le balenò alla mente: impallidì e il respiro le mancò. Essa volse inquieta lo sguardo a cercare il suo Enrichetto che, stanco di esser testimonio di un colloquio sì grave, erasi allontanato bel bello, e correva intorno alla veranda a cavalcioni del bastone del signor Shelby. Un momento fu tentata di mettere a parte suo marito di tutte le sue apprensioni; ma pensò che egli soffriva già troppo e che non bisognava affliggerlo maggiormente.
«No, no,» diss’ella in cuor suo «sarebbe per lui troppo grande rammarico. No, non vo’ dirgli ciò che penso; eppoi la signora non m’inganna di certo.»
— Dunque, Elisa mia, — disse Giorgio con viso tetro — addio! Me ne vado.
— Tu parti, Giorgio? E dove vai?
— Al Canada, — rispose egli, frenando la sua emozione — e di là io ti riscatterò: sola speranza che ci resti. Tu hai un buon padrone che non ricuserà di vender te ed il figlio. Se Dio mi aiuta, riuscirò a comperarvi entrambi.
— Guai se tu fossi preso!
— Non mi prenderanno: morrò piuttosto. Sarò libero, te lo dico io, Elisa, o morrò!
— Non ti ucciderai?
— Sarebbe inutile; mi uccideranno abbastanza presto gli altri; ma sii certa che non mi faranno scender vivo giù nel fiume.
— Oh, Giorgio, per l’amore che mi porti, usa prudenza, non fare alcuna mala azione! Scaccia le tentazioni che ti assalgono. Tu sei spinto a qualche estremo, lo vedo: ma, sii cauto. E poiché t’è d’uopo partire va’, Giorgio, ma abbi giudizio, e prega Dio che t’aiuti!
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