— Ebbene, Elisa, ascolta, ecco il mio divisamento: è saltato in capo al padrone di spedirmi con una lettera difilato al signor Symmes che abita un miglio lontano di qua. Egli s’aspetta certo che io venga qui da te a narrarti tutto ciò che mi pesa sul cuore, e si compiace nel pensiero di fare in tal guisa maggior dispiacere agli Shelby. Ebbene, io torno a casa tutto rassegnato, intendi bene, come se nulla fosse. Farò alcuni preparativi che mi aiuteranno per la partenza, e fra pochi giorni qualcuno mi cercherà. Prega per me, Elisa; forse Iddio esaudirà le tue preghiere!
— Tu pure pregalo, Giorgio, e confida nella Provvidenza: essa non t’abbandonerà.
— Ora dunque, addio! — disse Giorgio, tenendo strette le mani d’Elisa e fissando lo sguardo ne’ suoi occhi.
Vi fu un lungo silenzio, perocché erano le ultime parole che Giorgio pronunziava; indi seguirono lacrime, singhiozzi e tronche voci d’addio.
Marito e moglie, datisi un ultimo abbraccio, si separarono.
IV.
UNA SERATANELLA CAPANNA DELLO ZIO TOM.
La capanna dello zio Tom era un’abitazioncella costruita con grossi tronchi d’albero, vicina alla casa, come si chiama nel linguaggio dei negri la dimora del padrone, e si apriva sopra un giardinetto nel quale ogni estate, mercé cure diligenti ed assidue, prosperavano fragole, lamponi ed altre frutta, e bei legumi in buon numero.
Una gran begonia porporina ed un rosaio ricco di mille fiori s’intrecciavano sulla facciata, celandone quasi del tutto i materiali. Magnifici fiori, quali il giglio, la margherita reale, la petunia, i crisantemi, i volubilis ed altre piante autunnali vi sfoggiavano la maestosa loro bellezza sotto gli occhi della zia Cloe, che in essi poneva la sua compiacenza ed il suo orgoglio.
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