Profondi singhiozzi, singhiozzi sordi e strazianti, fecero tremare la seggiola, e grosse lacrime scorrevano giù per le sue dita sopra il pavimento.
Lacrime del tutto simili a quelle, o lettore, che voi potreste versare sul feretro del vostro primogenito; lacrime, o lettrice, quali a voi le farebbero spargere i gemiti del vostro bimbo agonizzante. Poiché, o lettore, egli era uomo, e voi non siete che un altro uomo; e voi, lettrice, benché tutta coperta d’oro o di seta, voi pure non siete che una donna, e gli affanni, i tormenti e gli affetti sono eguali per tutti a questo mondo.
— Ora sappiate — disse Elisa nel punto di andarsene — che io vidi ieri sera mio marito: ma io non sapevo qual sorte mi aspettasse. Egli fu spinto agli estremi, e pensa di fuggire. Deh, fate di vederlo, narrategli la mia partenza, ditegli ch’io procurerò di giungere al Canada. E se non dovessi più rivederlo, — volse altrove la faccia e continuò con voce tremula — ditegli d’agir bene, affinché possiamo ritrovarci lassù nel regno dei cieli. Chiamate Bruno, — riprese — e chiudete poi l’uscio. Povera bestia! Non conviene che mi segua. —
Si scambiarono fra loro alcune parole di addio e di benedizione; indi Elisa, strettasi al cuore il figlio attonito e spaventato, s’allontanò da quella dimora.
VI.
SCOPERTA DELLA FUGA.
I coniugi Shelby, dopo la loro discussione assai prolungata, non s’addormentarono subito, e perciò si destarono più tardi del solito.
— Che fa mai Elisa? — disse la signora Shelby, sonato che ebbe più volte il campanello.
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