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Andy fece una sghignazzata.
— Capisci bene, Andy: qualora il cavallo del messere faccia brutte smorfie per lasciarsi montare, noi piantiamo lì i nostri per corrergli in aiuto. Bisognerà vedere come lo aiuteremo. —
E tosto Andy e Samuele, beati della loro intesa, si abbandonarono alle più matte risa, facendo scoppiettare le dita e sgambettando con sfrenata allegrezza.
Haley si affacciò alla veranda. Alcune tazze di ottimo caffè lo avevano rimesso di buon umore. Egli veniva fuori sorridendo e canticchiando.
Andy e Samuele, dando di piglio a certe foglie di palma intrecciate che solevano portare in testa a guisa di cappello, corsero verso i cavalli. Il copricapo di Samuele non era nel migliore stato possibile, e le sue foglie a punta gli svolazzavano intorno alla testa dandogli una cert’aria d’indipendenza disordinata e di fierezza. Andy poi si calcò il suo in testa con un atto disinvolto che pareva volesse dire: «Come ognuno può vedere, ho un cappello».
— Suvvia, ragazzi, — gridò Haley — andiamo, non perdiamo più tempo.
— Eccoci pronti, signore, — disse Samuele, ponendo la briglia in mano di Haley e tenendogli la staffa, mentre Andy slegava gli altri due cavalli.
Non appena Haley ebbe toccato la sella, un improvviso sbalzo dell’ombroso animale lo lanciò a gambe levate sull’erba.
Tosto Samuele, mandando alte grida, si gettò sulle redini, ma accadde che in quell’atto egli batté le sue foglie di palma negli occhi del cavallo, il quale, più irritato che mai, rovesciò il negro, e mettendo nitriti sdegnosi partì come uno strale dirigendosi verso l’estremità della pianura.
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