Bill e Jerry, che Andy, secondo il convenuto, non aveva dimenticato di lasciar liberi, si dettero a fuggire per conto loro, spaventati dagli urli che i due negri mandavano.
Allora seguì una scena d’indescrivibile confusione. Samuele e Andy strillavano e correvano a guisa di smemorati qua e là; i cani abbaiavano; Jake, Mosè, Mandy, Fanny, tutti insomma i negrettini della casa, si slanciarono dietro le loro orme, battendo le mani, urlando, e mostrando uno zelo più intempestivo che utile.
Il cavallo di Haley pareva che entrasse nello spirito di quella scena e ci provasse un gusto matto. Esso andava di piccol trotto per la vasta prateria, e quando qualcuno gli era vicino e stava per mettergli addosso le mani, spiccava un salto rapidamente e andava a cacciarsi in un sentiero del bosco. Gli sforzi di Samuele per impedire che i cavalli fossero ripresi presto, furono veramente eroici.
Come la spada di Riccardo Cuor di Leone che vedevasi brillar sempre nel più caldo della mischia, così le foglie di palma sulla testa di Samuele sempre svolazzavano quando vedeva il cavallo in pericolo d’esser ripreso.
Egli gridava allora a tutta gola:
— Eccolo qua, eccolo qua! Su, piglia, piglia! —
Per modo che riusciva a farlo fuggire più veloce.
Haley correva di qua e di là, bestemmiando, sbuffando, e battendo la terra co’ piedi. Invano il signor Shelby dall’alto del balcone dava loro i suoi avvertimenti e consigli, mentre assisa al canto della finestra sua moglie poteva a stento frenar le risa, non senza sospettare alcun poco la cagione di tutto quel trambusto.
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