Alla fine, verso il mezzogiorno Samuele comparve trionfalmente montato sopra Jerry, e seco traendo il cavallo di Haley.
La bestia era tutta grondante di sudore, ma il lampeggiare de’ suoi occhi e le sue narici dilatate facevano abbastanza conoscere che il suo spirito d’indipendenza non era ancora domo.
— E preso, — esclamò — è preso! Se non ero io, tutti quanti vi si sarebbero affaticati inutilmente: ma io l’ho saputo prendere.
— Tu! — borbottò Haley in maniera poco amichevole. — Se non fossi stato tu, tutto questo malanno non sarebbe avvenuto.
— Dio vi benedica, — gridò Samuele atteggiato a finta sommissione — non ho forse corso abbastanza, non mi sono sfiancato per servirvi? Guardate un po’ come sono tutto in sudore.
— Via, via, tu m’hai fatto perdere tre buone ore con le tue maledette bindolerie. Presto, incamminiamoci, e non mi far più di tali giuochi.
— Ma, signore, — disse Samuele con voce supplichevole — voi dunque volete ammazzarci tutti, le bestie e noi? Noi siamo stanchi rifiniti, e questi poveri animali sono tutti inzuppati di sudore. Il signore non vorrà partire prima del pranzo, è ben certo; il cavallo del signore ha bisogno d’essere strigliato; vedete come è tutto coperto di fango! E Jerry si è azzoppata. La padrona non vorrebbe lasciarci partire per ora. E poi, sentite bene, signore, non è da temere che Elisa ci scappi: essa non è mai stata forte per camminare a lungo, credetelo a me. —
La signora Shelby, che con sua gran soddisfazione aveva udito il colloquio dalla veranda, scese in questo momento a raggiungere gl’interlocutori, ben risoluta di far la sua parte.
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