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      La zia Cloe, vegliando a tutto, governando ogni particolarità della cucina con una burbera precisione, altro non rispondeva ai suggerimenti che le venivano dati perché si spicciasse, se non che essa non era tal donna da mandare in tavola una salsa mal cotta perché altri potesse correr dietro ad una misera schiava. Uno dei servi inciampò con la secchia ricolma, e dovette tornare ad attingere acqua alla fontana; un altro, nella serie delle disgrazie, gettò per terra tutto il burro.
      Di quando in quando scoppiavano dalla cucina sghignazzate insultanti se taluno veniva a dire che Haley pareva tormentato dalla maggior noia del mondo, che non poteva star fermo sulla seggiola, e che andava a veniva da una finestra all’altra, o lungo il portico.
      — Gli sta bene! — diceva la zia Cloe sdegnosamente. — Incontrerà peggio uno di questi giorni, se non si emenda. Quegli che è suo vero padrone lo chiamerà, ed allora si vedrà qua! faccia sarà la sua.
      — Egli andrà all’inferno addirittura, — disse il piccolo Jake.
      — E n’è ben degno, — soggiunse la zia Cloe. — Molti e molti cuori egli ha spezzati, ve lo dico io! — continuò sollevando la mano armata d’una forchetta. — Gli è come ciò che il padroncino Giorgio ci leggeva nel libro delle Rivelazioni. Le anime gridano di sotto all’altare, esse gridano al Signore per aver vendetta, e presto il Signore le esaudirà... oh, sì, le esaudirà! —
      La zia Cloe era talmente venerata, nella cucina, che tutti l’ascoltavano a bocca aperta; e trovandosi allora il pranzo finalmente imbandito, tutti gl’inservienti e gli sguatteri ebbero agio di cicalare con essa e di ascoltare le sue osservazioni.


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La capanna dello zio Tom
di Harriet Beecher Stowe
Editore Salani Firenze
1930 pagine 624

   





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