Era un salto da non credersi, quale può tentar solamente la disperazione o la pazzia. Haley, Samuele ed Andy, còlti da stupore a quella vista, mandarono alte grida alzando le braccia.
L’enorme blocco di ghiaccio sopra cui essa erasi gettata, affondavasi, scricchiolava sotto il suo peso: ma ella non vi si fermò un istante. Con urli da belva e con l’energia che la disperazione infonde, saltò su d’un altro masso, indi sopra un terzo, incespicando, saltando, lanciandosi di nuovo. Le sue scarpe son cadute, le calze strappate; dai piedi esce il sangue in copia; ma essa nulla vede, nulla sente, fino a che in confuso, come sognando, intravede la riva dello Stato dell’Ohio, e una mano protesa verso lei per aiutarla a salirvi sopra.
— Tu sei una giovane coraggiosa, chiunque tu sia! — disse quell’uomo.
Elisa riconobbe la voce e le sembianze di un tale che possedeva una fattoria non lungi dalla casa che testé ella aveva abbandonata.
— Oh, signor Symmes, salvatemi, deh, salvatemi! Nascondetemi, — disse Elisa.
— Che è stato? — diss’egli. — Questa, se non erro, è una delle donne di Shelby.
— Il mio figliuolo... questo bimbo, lo hanno venduto. Colà è il suo padrone, — diss’ella, stendendo la mano verso la sponda del Kentucky. — Signor Symmes, avete voi un fanciulletto?
— Sì, ne ho uno, — egli disse, traendo ruvidamente ma con bontà Elisa sulla sponda. — Del resto, sei una giovane piena di coraggio. —
Quand’essa fu al sicuro sulla riva, l’uomo riprese:
— Io vorrei esserti utile, ma non saprei dove collocarti.
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