Ogni uomo ha i suoi talenti speciali. Tom, per esempio, è terribile quando s’ha da menar le mani e bisogna battersi; ma per mentire egli non val nulla, assolutamente nulla. Che volete? Le bugie a Tom bisogna strappargliele con l’uncino; ma, per Iddio! se in tutto il paese v’è alcun altro che sappia prestar giuramento di qualsiasi cosa, con tutte le sue circostanze e particolarità, con un aspetto più imponente del mio, conducetemelo qua, sarei curioso di vederlo. In fede mia, credo che potrei condurre a buon fine un affare quand’anche i giudici fossero dei più scrupolosi. Qualche volta, vedete, avrei anzi caro ch’essi lo fossero, perché in fin dei conti ci sarebbe da divertirsi di più. Eh! Che ne dite? —
Tom Loker, il quale, come abbiamo già veduto, era altrettanto lungo nelle sue riflessioni che nei suoi movimenti, interruppe Marks, dando col pugno sulla tavola, in modo da far tremare ogni cosa.
— Va bene, — diss’egli — io accetto.
— Dio vi benedica, Tom! — disse Marks. — Non è necessario rompere i bicchieri per questo; serbate il vostro pugno per un’occasione migliore.
— Ma, signori, non avrò anch’io la mia parte del guadagno?— domandò Haley.
— Tu avrai il fanciullo; — rispose Loker — che vuoi di più?
— Mi pare — soggiunse Haley — che, procurandovi sì buon affare, io possa esigere almeno un dieci per cento sui profitti, dedotte le spese.
— Eh, via! — gridò Loker bestemmiando e percotendo di nuovo col pugno la tavola. — Non vi conosco io forse, Daniele Haley? Non crediate ch’io mi lasci imbrogliare da voi.
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