Fatto sta che egli considerava l’eloquenza oratoria come la sua vera vocazione, e che non si lasciava mai sfuggire l’opportunità di esercitarla.
Convien sapere che tra Samuele e la zia Cloe da molto tempo esisteva una certa antipatia, o per dir meglio, una manifesta freddezza; ma siccome in quel giorno Samuele vagheggiava qualche impresa nel dipartimento delle provviste, s’indusse, come operazione preliminare, a mostrarsi in quel momento sommamente conciliativo. Sapeva che gli ordini della padrona sarebbero senza dubbio eseguiti alla lettera, ma pensò che egli vi guadagnerebbe molto se lo fossero anche secondo lo spirito. Si presentò dunque alla zia Cloe con l’aspetto di umile e commovente rassegnazione di chi abbia sofferto le più dure fatiche per soccorrere una creatura perseguitata. Ingrandì il fatto, dicendo che la padrona lo aveva mandato dalla zia Cloe per ristorar le sue forze fisiche prostrate e rianimar gli spiriti abbattuti, e in tal guisa veniva a riconoscere i diritti e la supremazia della zia Cloe nel dipartimento della cucina e sue dipendenze. La cosa andò a maraviglia.
Mai semplice ed onesto elettore fu meglio lusingato e sedotto dalle gentilezze di un candidato politico, di quanto lo fosse la zia Cloe dalle moine di mastro Samuele. Foss’anche stato il figliuol prodigo in persona, non avrebbe potuto esser trattato con più materna sollecitudine.
Egli pertanto si vide beato e glorioso in faccia ad un ampio tegame di stagno contenente una specie d’olla podrida di tutto ciò che era comparso in tavola da due o tre giorni.
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