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      Elisa si sporse tutta in fuori, e stese la mano, una mano morbida e ben fatta come quella che le si offerse in ricambio. Fissò i grandi e neri occhi pieni d’ardente espressione di gratitudine in volto alla signora Bird, e parve che volesse parlare. Le sue labbra si mossero; ella si provò due o tre volte, ma non ne uscì alcun suono.
      Allora ella alzò le mani al cielo, accompagnando questa mossa con uno sguardo eloquente, e si lasciò ricadere sopra il sedile, coprendosi il viso con le palme.
      Lo sportello si chiuse e il legno partì.
      Qual condizione era quella, per un senatore patriotta che aveva speso tutta la settimana a stimolare il potere legislativo del suo Stato acciocché prendesse le più energiche determinazioni contro coloro che ospitano e soccorrono gli schiavi fuggitivi!
      Il nostro buon senatore, nel discorso fatto in quell’occasione al Congresso di Washington, non era stato superato da alcuno dei suoi colleghi in questa sorta di eloquenza che diè loro una fama immortale. Quanto era sublime nell’atteggiamento allorché, seduto con le mani nelle tasche, riandava con ironia le sentimentali debolezze di coloro che avrebbero voluto anteporre il bene di alcuni miserabili vagabondi ai grandi interessi dello Stato!
      Egli era riuscito a convincere potentemente non solo se stesso, ma anche tutti coloro che l’udivano. Allora però l’idea d’un fuggitivo era unicamente l’idea delle lettere che compongono questa parola, o tutt’al più la ricordanza di un’incisione vista in un giornaletto, e rappresentante un uomo che porta un fagottino all’estremità di un bastone sulla spalla, con queste parole al di sopra: Fuggito dalla casa del sottoscritto, coi connotati e la ricompensa da darsi a chi consegnasse vivo o morto il tapino.


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La capanna dello zio Tom
di Harriet Beecher Stowe
Editore Salani Firenze
1930 pagine 624

   





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