— Se non v’incresce, signori! La via è terribilmente cattiva da questa parte. Non so in verità come potremo uscirne. —
Il senatore mette un piede fuori della carrozza e cerca, titubando un punto non cedevole; si prova e il piede gli affonda oltre misura; vuoi ritrarnelo, perde l’equilibrio e cade nella mota, donde Cugioe lo rialza in uno stato deplorevole.
Non diremo altro per la pietà che abbiamo dei lettori.
Chi viaggiò nelle terre occidentali e talvolta fu costretto a ingannare le ore della notte affastellando tronchi e ramoscelli per far passare la sua carretta sopra gli affondamenti, proverà di certo una rispettosa e triste simpatia per il nostro eroe sventurato. Noi vi chiediamo, o lettori, di versare una lacrima in silenzio, e di passar oltre.
La notte era già molto inoltrata quando il legno si fermò, tutto sgocciolante e inzaccherato, alla porta d’una vasta fattoria.
Non ci volle poca perseveranza a destarne gli abitatori: ma alla fine il rispettabile proprietario aprì la porta.
Era questo un uomo alto sei piedi almeno, grosso e rude, coperto d’un giubbone di flanella rossa. Una folta capigliatura color di canapa bruna, mal cardata anziché no, e la barba da più giorni crescente, davano a quell’individuo un’apparenza non molto gradevole. Egli restò per un attimo immobile col candeliere in mano, squadrando i nostri viaggiatori con aria tra sbalordita e disgustata, che era del tutto comica.
Mentre il nostro senatore si sforza a fargli intendere di che si tratta, noi brevemente procureremo di presentarlo ai nostri lettori.
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Cugioe
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