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      La poveretta aveva messo in opera tutta la forza d’animo che le restava, nel preparare quella colazione d’addio.
      Aveva tirato il collo al suo miglior pollastro e manipolato focacce di farina con tutta la possibile esattezza e secondo il gusto di suo marito. Sull’asse della cappa del camino v’erano misteriosi orcioletti pieni di confetture, che non si vedevano comparire se non nelle occasioni solenni.
      — Guarda, Pietro: — disse Mosè, tutto gongolante di gioia — questa sì che è una stupenda colazione! —
      E così dicendo, la ghiottoneria gli faceva afferrare un pezzo di pollo.
      La zia Cloe gli diede una sonora ceffata.
      — Vedi mo’ che bel garbo! — diss’ella. — E si ardisce toccar l’ultima colazione che questo povero babbo ha da avere in casa nostra!
      — Oh, Cloe! — fece Tom in atto di dolce rimprovero.
      — Ahimè! Non so più in che mondo mi sia; — esclamò essa nascondendosi il viso nel grembiule — mi sento sì turbata, che non posso reprimere le maniere villane. —
      I fanciulli stavano muti, guardando ora il padre, ora la madre, mentre la bambina, aggrappandosi alle vesti della zia Cloe, mandava strilli acutissimi ed imperiosi.
      — Oh, via, — disse la zia Cloe tergendosi gli occhi e prendendo la fanciullina sopra le sue ginocchia — spero che la sia finita, ora! Assaggia, caro mio, qualche cosa; questo è il mio miglior pollastro. Suvvia, ragazzi, ne avrete anche voi, povere creature! La vostra mamma è stata dura con voi. —
      I fanciulli non aspettarono un secondo invito; e con grande zelo si gettarono sopra le vettovaglie; e fu bene, perché senza di loro, probabilmente la colazione sarebbe rimasta tutta intera come fu deposta sopra la tavola.


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La capanna dello zio Tom
di Harriet Beecher Stowe
Editore Salani Firenze
1930 pagine 624

   





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