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In quel momento uno dei ragazzi gridò:
— Ecco che viene la padrona!
— Essa non ci può fare alcun bene; — disse la zia Cloe — perché vien qua? —
La signora Shelby entrò. La zia Cloe, con maniere aspre e zotiche, fece avanzare una sedia; ma la signora non mostrò di accorgersene.
Era pallida, e gli si leggeva negli occhi l’ansietà.
— Tom, — diss’ella — io vengo a... — Tacque a un tratto, e lasciandosi cader sulla seggiola si coperse il viso col fazzoletto e ruppe in singhiozzi.
— Dio buono! Ah, non piangete, signora, non piangete! — esclamò la zia Cloe.
E così dicendo, dava anch’essa in gran pianto, e tutti per alcuni momenti piansero insieme.
Queste lacrime sparse in comune, dall’alto e dall’umile, addolcivano e mitigavano il cuore triste e lacerato dell’oppresso.
O voi che visitate i sofferenti, non sapete che quanto il denaro vostro può comperare, dato con indifferente e freddo viso non vale una sincera lacrima di simpatia?
— Mio buon amico, — disse la padrona — io nulla adesso posso darti che ti sia giovevole. Se ti dessi del denaro, te lo prenderebbero. Ma ti dico solennemente, e ne prendo Iddio a testimone, che seguirò le tue tracce e ti riscatterò appena io possa avere a mia disposizione la somma necessaria. Fino a quell’ora, poni la tua fiducia in Dio. —
Qui i fanciulli si diedero a gridare che veniva il signor Haley, e presto un insolente calcio fece aprire la porta. Haley comparve sul limitare.
Egli era di pessimo umore per aver passato male la notte e per non potersi dar pace che non gli fosse riuscito di raggiungere la sua preda.
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