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      — Su, andiamo, negro: — diss’egli — sei pronto? Vostro servo, signora! — soggiunse, cavandosi il cappello quando scòrse la signora Shelby.
      La zia Cloe serrò la cassa, la legò, e, rialzandosi, gettò un fiero sguardo sul mercante. Le lacrime subitamente si erano mutate nei suoi occhi in lampi d’ira.
      Tom si alzò placidamente per seguire il suo nuovo padrone e si caricò sopra le spalle la sua grave cassa. La moglie di lui prese in braccio la bimba per accompagnarlo fino alla vettura; gli altri fanciulli venivano dietro, piangendo.
      La signora Shelby, appressatasi al mercante, si fermò a parlar vivamente con lui, ed in questo mentre tutta la famiglia procedette innanzi verso la carrozza già bell’e pronta vicino alla porta.
      Tutti gli schiavi del luogo, giovani e vecchi, si erano quivi radunati per dar l’ultimo addio all’antico loro compagno.
      Tom era stato sempre stimato da essi non solamente come lo schiavo di fiducia del signor Shelby, ma anche come una guida cristiana; e la sua partenza eccitava in tutti, e specialmente nelle donne, una gran simpatia ed un cordoglio sincero.
      — Eh, brava Cloe, avete più coraggio di noi! — disse uno di loro, che aveva versato copiose lacrime nel veder la cupa calma che Cloe serbava nel tenersi ritta presso la carrozza.
      — Ho esaurito la fonte delle mie lacrime, — disse ella, guardando con aria truce il mercante che si avvicinava — ed io in tutti i casi non ho voglia di piangere alla presenza di quel vecchio demonio.
      — Suvvia, montate! — disse Haley a Tom, passando tra la folla dei negri che lo guardavano con mal rattenuto disprezzo.


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La capanna dello zio Tom
di Harriet Beecher Stowe
Editore Salani Firenze
1930 pagine 624

   





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