Non c’è che la catena per assicurarsi di loro.
— Ma, — disse il fabbro cercando lo strumento necessario — le vostre piantagioni di laggiù non sono veramente il paese dove i negri siano contenti di anelare. Ci lasciano presto la pelle, non è vero?
— Non vi reggono molto a lungo, — disse Haley — lo confesso: sia il clima od altro, ne muoiono sempre abbastanza da mantener vivo il commercio.
— Però è ben triste il vedere un uomo, onorato e fedel servo qual è Tom, andarsene laggiù per lasciar le ossa nelle vostre piantagioni di zucchero!
— Eh, non temete per lui! Ho promesso di trattarlo bene. Lo farò entrare a servizio in qualche buona casa, e s’egli resiste al clima e alla febbre, sarà tanto felice quanto un negro può desiderare.
— Suppongo ch’egli lasci qui la moglie ed i figli?
— Sì, ma là ne prenderà un’altra. Signore Iddio, ci sono donne abbastanza da per tutto. —
Mentre venivan fatti questi discorsi, Tom era rimasto seduto tristemente fuori della bottega.
D’improvviso egli sente il rapido e precipitoso galoppar d’un cavallo, e prima che possa riaversi dalla sorpresa, il suo giovane padrone si lancia nella carrozza, gli getta affannosamente le braccia al collo, e piangendo e nel tempo stesso minacciando, esclama con una specie di ruggito che a stento rattiene:
— È una vera infamia! Si dica ciò che si vuole: è una sconcia, abominevole indegnità! Se io fossi un uomo fatto, non si ardirebbe trattarvi a questo modo, no, non si ardirebbe!
— Oh, padroncino Giorgio! — disse Tom. — Quanto bene mi fa la vostra presenza!
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