Trattateli da cani, e da cani saranno le loro azioni. Trattateli da uomini, e da uomini saranno le loro opere. —
E l’onesto negoziante di cavalli, che tale era la sua professione, nel calore del ragionamento avvalorò quell’esposizione di principii morali con un vero getto di fuochi artificiali contro il camino.
— Io penso, amico, che abbiate ragione: — disse il signor Wilson — il giovane di cui abbiamo or ora letto i connotati, è persona di merito senza alcun dubbio. Lavorò sei anni nella mia fabbrica, ed era il più bravo operaio che avessi. È un uomo ingegnosissimo: egli inventò una macchina da purgar la canapa, che è una maraviglia. Si adopera in molte fabbriche, ed il padrone di lui ne ha il brevetto.
— E di certo, — disse l’uomo alto — egli ha il brevetto, intasca i guadagni e marca l’inventore con un ferro rovente. Se io ne avessi l’occasione, vorrei marcar lui, ve lo accerto, in modo che se ne ricordasse per un pezzo.
— Questi vostri giovani saccenti sono sempre indocili e restii; — disse un uomo d’aspetto grossolano, dall’altra parte della sala — ecco perché sono marcati e coperti di cicatrici. Se si portassero bene, non ne avrebbero.
— Vale a dire, — soggiunse l’individuo dalle gambe lunghe — che Iddio li fece uomini, e che è una dura faccenda il mutarli in bestie.
— In fin dei conti, questi negri scelti non sono di un grand’utile ai loro padroni, — riprese l’altro, così ben trincerato nella sua stupidezza goffa e triviale, da non sentire il disprezzo del suo interlocutore.
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Wilson Iddio
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