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      Giorgio, in piedi, porse la mano con un gesto da principe.
      Il buon vecchietto la strinse cordialmente, e dopo averlo ancora una volta esortato ad aver prudenza, prese l’ombrello e si allontanò andando come a tentoni.
      Giorgio stette guardando in aria pensosa l’uscio che il signor Wilson aveva serrato. Parve che un pensiero gli venisse, improvviso; e tosto, lanciandosi dietro al vecchio, gli gridò:
      — Signor Wilson, ancora una parola. —
      Wilson rientrò, e Giorgio, chiuso come prima l’uscio, stette un momento con gli occhi bassi e con l’aspetto di un uomo irresoluto.
      Finalmente, alzando il capo, con un subitaneo sforzo:
      — Signor Wilson, voi mi avete parlalo da cristiano; io vorrei domandarvi un ultimo atto di carità cristiana.
      — Ebbene, Giorgio?
      — Quello che voi mi avete detto è verissimo. Io m’espongo ad un rischio tremendo. Non c’è anima viva sulla terra che si prenda cura di me se morissi, — soggiunse parlando con sforzo. — Io sarò gettato fuori della via, sotterrato come un cane; il giorno dopo nessuno vi penserà più, tranne la povera mia moglie. Poveretta! Si rattristerà e si consumerà di dolore!
      Oh, se voleste, signor Wilson, impegnarvi a farle avere questo spillo! Essa me lo diede per un dono di Natale, povera Elisa! Fate che lo abbia, e ditele che io l’amerò fin che avrò fiato. Lo farete? Me lo promettete? — domandò con accento supplichevole.
      — Sì, per certo, povero figliuolo! — disse il vecchio prendendo quel gioiello con mesta simpatia e con occhi pieni di lacrime.
      — Ditele un’altra cosa, — continuò Giorgio — che è l’ultima volontà mia: ch’essa vada, qualora le sia possibile, sino al Canada.


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La capanna dello zio Tom
di Harriet Beecher Stowe
Editore Salani Firenze
1930 pagine 624

   





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