Dio la benedica!
— Pensi dunque sempre, Elisa, d’andartene fino al Canada? — diss’ella guardando le pesche.
— Sì, signora, — rispose quella con fermezza. — Bisogna che io parta: non ardisco di rimanere.
— E che farai quando vi sarai giunta? Ci hai pensato, figliuola mia? —
Questo detto figliuola mia veniva naturalmente alle labbra di Rachele Halliday, poiché tutte le sue sembianze rendevano il nome di madre la parola più naturale che le si potesse dare.
Le mani di Elisa tremarono, ed una lacrima le cadde sopra il lavoro.
— Io mi porrò a lavorare, — rispose ella — e spero che qualche cosa troverò da fare.
— Sai bene che puoi rimaner qui finché ti piace.
— Oh, vi ringrazio! — disse Elisa. — Ma io non posso — o accennava il suo Enrichetto — dormire la notte, non posso trovar pace. La notte scorsa, ho sognato che quell’uomo era nel cortile... —
E la scosse un brivido affannoso.
— Povera figliuola! — disse Rachele, asciugandosi gli occhi. — Non bisogna tanto spaventarsi. Il Signore ordinò le cose in modo, che mai fuggitivo alcuno fu preso nel nostro villaggio, e spero bene che tu non sarai la prima. —
L’uscio in quell’istante si aprì, e una donnetta tonda come un pomo, dal viso gaio e fresco, vi si affacciò.
Portava una veste grigia al pari di Rachele, e aveva anch’essa sul seno, piuttosto ricolmo, un fazzoletto di mussolina.
— Ruth Stendman, — disse Rachele avanzandosi con aria giuliva, e prendendole cordialmente le mani — come stai?
— Benissimo! — rispose ella.
E togliendosi il cappello grigio, lasciò vedere una testolina rotonda coperta del cuffiotto di rigore che non escludeva la leggiadria.
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