Alcune ciocche di capelli ricciuti, sfuggendo qua e là, non sembravano disposte a voler tornare nella loro prigione.
Racconciatasi un po’ davanti allo specchio, la sopraggiunta, che aveva forse venticinque anni, mostrò d’esser contenta di sé come ogni altro sarebbe stato nel guardarla, poiché essa era una donnetta avvenente, con la sincerità dipinta sul volto, di aspetto gioviale, e nata per render veramente beato un cuor d’uomo.
— Ruth, questa amica è l’Elisa Harris, ed ecco il fanciulletto di cui ti ho spesso parlato.
— Sono ben lieta di vederti, — disse Ruth, stringendo la mano ad Elisa come se fosse una vecchia amica lungamente aspettata. — E questo è il tuo piccino? Io gli ho portato una chicca. —
Così dicendo porse ad Enrichetto una pasta dolce in forma di cuore che egli accettò timidamente, contemplando la donatrice attraverso le ciocche de’ suoi capelli.
— E il tuo bimbo, Ruth, dov’è?— disse Rachele.
— È qui che viene; la tua Maria lo ha fermato mentre entrava, e lo ha condotto verso il granaio per mostrarlo ai fratellini. —
L’uscio si aperse, e Maria, fresca giovinetta, di amabile viso, con occhi bruni come quelli di sua madre, entrò col fanciullo.
— Ah, ah! — esclamò Rachele prendendosi in braccio il bimbo grassotto, ben complesso e bianco. — Veh, com’è prosperoso e come si fa grandino!
— Non è vero? — fece la piccola e vivace Ruth ripigliando il fanciulletto e sbarazzandolo d’un cappuccio di seta azzurrina e di vari altri oggetti superflui.
E quando l’ebbe aggiustato a modo suo, intramezzando quelle materne cure di parecchi sonori baci, lo pose a terra con l’intenzione evidente di lasciarlo libero alle sue riflessioni.
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