Il suo leggiadro viso attraeva gli sguardi non tanto per la rara beltà delle fattezze, quanto per un’espressione profonda e meditativa che toccava l’anima di chi la guardava, fossero persone colte o ignoranti. Una singolare nobiltà si scorgeva nel portamento della testa, del collo, di tutta la persona di lei. I lunghi capelli che le ondeggiavano intorno al viso e alle spalle come una nube dorata, la celeste gravita de’ suoi occhi azzurri ornati di lunghe e brune ciglia, la distinguevano da tutti gli altri fanciulli della sua età. Cosicché essa attirava ogni sguardo quando correva da un capo all’altro del piroscafo.
Per altro non si poteva dire ch’ella fosse una fanciulla malinconica; anzi, un’innocente gaiezza aleggiava sopra le sue sembianze infantili e accompagnava, i suoi movimenti.
Ella era sempre in moto, con un lieve sorriso sulle rosee labbra, ed ora sembrava che volasse, tanto era lieve nel correre, ora canticchiava come nell’ebbrezza di un sogno felice.
Suo padre e la sua custode erano continuamente a inseguirla: ma appena l’avevano raggiunta, essa guizzava loro dalle mani come una nube d’estate. Sempre vestita di bianco, svolazzava da per tutto come un’apparizione, ed ogni angolo recondito era stato rallegrato dalla sua testina d’angelo.
Talvolta il fochista, coperto di sudore e di fumo, incontrava gli sguardi della fanciulletta, rivolti prima con stupore giù nell’ardente fornace, indi fissi su lui con terrore e compassione, credendolo esposto a un gran pericolo. Il pilota sorrideva quando il bel visetto si mostrava un istante dietro i cristalli del suo camerino.
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