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      La qual cosa fu notata dalla moglie con gran gelosia.
      Ella considerò con amara diffidenza l’amore profondo di Saint-Clare per sua figlia; la tenerezza del padre era per lei quasi un’infedeltà del marito. Perciò, dal dì in cui nacque la cara fanciulletta, la salute della madre cominciò a indebolirsi e a venir meno sempre più; una vita di costante inazione di mente e di corpo, la noia ed il malcontento che l’accompagnavano, mutarono in breve tempo quella fiorente e giovane bellezza in una donna gialla, appassita, infermiccia, travagliata da cento malattie immaginarie, e che si credeva sotto ogni rispetto la persona più infelice e più trascurata del mondo.
      Le malattie delle quali ella si lagnava, erano senza numero, ma quella da lei, per così dire, prediletta, era l’emicrania, la quale le permetteva di confinarsi nel suo appartamento tre giorni almeno su sei. Ne venne per conseguenza che le faccende domestiche caddero in mano agli schiavi, e Agostino Saint-Clare non ebbe troppo a lodarsene.
      La salute della sua unica figlia, di una delicatezza eccessiva, avrebbe avuto bisogno di sua madre; perciò egli temeva che la sua bambina diventasse, presto o tardi, vittima della trascuratezza di costei.
      E s’era deciso a condurla seco in una sua gita nel Vermont, dove aveva indotto una sua cugina, Ofelia Saint-Clare, a venire a stabilirsi nel Sud in casa sua.
      Ed ora che i campanili e le cupole della Nuova Orléans cominciano a mostrarsi ai nostri occhi, è tempo che facciamo una più intima conoscenza con miss Ofelia.


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La capanna dello zio Tom
di Harriet Beecher Stowe
Editore Salani Firenze
1930 pagine 624

   





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