— Dio, che maniera di vivere!
— Eppure mi piaceva tanto!
— Ma un disordine simile non si può ammettere, — soggiunse miss Ofelia.
— Ebbene, ditemi, ora, cugina: in questo baule c’è troppa roba per poterlo chiudere.
— Bisogna chiuderlo ad ogni modo, — disse la cugina col piglio risoluto d’un generale.
E dopo averne stretto quanto più poteva il contenuto, pigiò il coperchio; ma nonostante i suoi sforzi vide che rimaneva una piccola fessura tra il disopra e la parte inferiore.
— Monta qui, Eva, — disse Ofelia coraggiosamente. — Ciò che è stato fatto una volta, può esser fatto di nuovo. Il baule si deve chiudere. —
E intimorito forse da una volontà sì energica, il baule cede, il fermaglio cigolò entrando nella toppa, miss Ofelia girò la chiave e se la pose trionfalmente in tasca.
— Eccoci pronte. Dov’è ora il tuo babbo? Sarebbe tempo di far portar via tutta questa roba. Guarda se vedi il babbo, Eva.
— Sì, è là nella sala di conversazione, e sbuccia un’arancia!
— Son sicura ch’egli ignora che siamo vicini ad approdare. Non sarebbe meglio che tu andassi a dirglielo?
— Oh, il babbo non ha mai fretta! — rispose Evangelina.
— E poi, c’è tempo: non siamo ancora al luogo dello sbarco. Venite meco alla finestra, cugina. Guardate là; ecco la nostra casa, su quell’altura, in cima a quella contrada. —
Il piroscafo, sibilando e gemendo come un mostro stanco, aprivasi il varco fra i molti legni che ingombravano gli accessi del molo.
Evangelina indicava allegramente col dito le cupole, i campanili e i monumenti di cui diceva il nome.
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Ofelia Eva Ofelia Ofelia Eva Evangelina
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