Ai quattro lati si aprivano vaste gallerie che per i loro archi, per le colonnette leggiere e i graziosi arabeschi, riconducevano il pensiero, come in un sogno, a quel tempo in cui dominava nella Spagna la fantasia orientale.
In mezzo al cortile si elevavano in aria gli zampilli argentei d’una fonte, per ricadere in una vasca di bianco e lucido marmo guarnito d’un folto orlo di viole. Nell’acqua del bacino, limpida come il cristallo, si vedevano guizzare migliaia di pesciolini dalle squame d’argento e d’oro, che scintillavano come gioielli viventi. Intorno alla fontana girava un sentiero a mosaico di pietruzze variamente colorate di un disegno fantastico, e questo era circondato a sua volta di erba fittissima pari a un velluto; una larga via di sabbia, per le carrozze, correva lungo i portici. Due grandissimi melaranci, coperti di fiori, effondevano molta fragranza e molta ombra, e vasi marmorei adorni di sculture, disposti in bell’ordine fra le aiuole, sostenevano le più belle piante dei tropici.
Mescolavano i loro vivaci colori e profumi il melagrano con le foglie lucide e il fiorellino color di fuoco, il gelsomino arabico le cui stelle d’argento spiccano sopra le foglie di un verde cupo, il geranio, i rosai che s’incurvano sotto il peso dei loro fiori, il gelsomino dorato, la verbena odorosa, mentre qua e là qualche antico aloe con le foglie grigiastre e massicce pareva assistere, come un canuto negromante, allo sbocciare e alla morte di quei fiori brillanti ed effimeri. Tende di tessuto moresco, disposte intorno alle gallerie, rimovevano, più o meno abbassate, i raggi del sole.
| |
Spagna
|