Egli erasi adoperato col massimo zelo a respingere energicamente la torma dei servi dall’altro lato del portico.
— Indietro tutti! Mi vergogno di voi! — diss’egli con accento di autorità. — Chi vi dice di cacciarvi innanzi nelle relazioni domestiche del padrone sul primo istante del suo ritorno? —
Questo elegante discorsetto, pronunziato con molta dignità, li fece rimanere a una rispettosa distanza, intimoriti, eccetto due vigorosi giovanotti che presero a scaricare e trasportare i bagagli.
Per le sistematiche disposizioni del signor Adolfo, quando Saint-Clare tornò, dopo aver pagato i facchini, non vide più alcuno intorno a sé, tranne lo stesso signor Adolfo in calzoni bianchi, panciotto di raso adorno d’una catenella d’oro, tutto inchini e garbatezze.
— Ah, sei tu, Adolfo? Come va, figliuolo mio? — gli disse il padrone stendendogli la mano, mentre quegli sciorinava un discorsino preparato già da quindici giorni. — Benissimo! Benissimo! — gli disse Saint-Clare, passando oltre con l’aria solita di noncuranza e di beffe. — È un bel discorso, Adolfo! Sistema i bagagli, che io ritorno subito. —
Così dicendo, condusse miss Ofelia in una gran sala che metteva sulla veranda.
Mentre succedevano queste cose, Evangelina erasi slanciata, attraversando il portico e la sala, in un salottino che dava egualmente sulla veranda.
Una donna alta, con gli occhi neri, pallida, si sollevò alcun poco sul sofà dov’era distesa.
— Mamma, — esclamò Evangelina con gran letizia, abbracciandola più volte — mamma mia!
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