— soggiunse inciampando in un piccolo negro che camminava carponi. — Se pesto le zampe a qualcuno, pazienza! —
Gli schiavi ridevano di tutto cuore e benedicevano il padrone, che dispensò loro alcune piccole monete.
— Andate, ora, come buoni figliuoli! — diss’egli.
E tutti quei volti, scuri e chiari, prestamente sparirono seguiti da Evangelina che portava un sacco pieno di mele, noci, canditi, nastri, merletti e ogni sorta di gingilli di cui aveva fatto nel suo viaggio un’abbondante provvista.
Saint-Clare, voltandosi per andar via, scòrse Tom che se ne stava tutto rannicchiato in un angolo, mentre Adolfo, appoggiandosi indolentemente alla balaustrata, lo squadrava col binocolo, come è uso dei ganimedi eleganti.
— Ah, mariuolo, — disse il suo padrone, abbassandogli l’occhialetto — in questo modo tratti un compagno che ti conduco? Ma se non erro, Adolfo, — soggiunse, ponendo il dito sul panciotto di raso ricamato — questo è il mio panciotto.
— Oh, signore! Un panciotto insudiciato di macchiuzze di vino! Un signore della qualità del mio padrone non era decente che lo portasse più. Conveniva soltanto ad un povero negro come me. — E Adolfo crollò la testa, e si lisciò con grazia i profumati capelli.
— Via, quel che è stato è stato! — disse negligentemente Saint-Clare. — Ora io vo a presentare Tom alla sua padrona; e tu lo condurrai poi alla cucina. Ma bada bene di non stare in sussiego con lui, perché egli vale per due bricconi come te.
— Il padrone si diletta a scherzare; — disse Adolfo ridendo — io sono lietissimo nel vederlo di sì buon umore.
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