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Era un ritratto al dagherrotipo, ben impresso e chiaro come un’incisione, rappresentante Evangelina e suo padre che si tenevano per mano.
Maria lo guardò con aria di poca sodisfazione.
— Perché prendere una posa così goffa? — disse.— La posa dipende dal gusto di chi la sceglie, e se non piace agli altri, piace a me; ma che ne dici della somiglianza?
— Se la mia opinione vi è indifferente in una cosa, suppongo che debba esserlo non meno nell’altra, — rispose la signora, riponendo il ritratto nell’astuccio.
«Ha il diavolo addosso!» pensò il marito.
Poi soggiunse a voce alta:
— Orsù, Maria, bando alle fanciullaggini: ti pare somigliante, o no?
— Avete torto, Saint-Clare, di volermi costringere a far parole e a guardar simili inezie. Sapete che ho avuto tutto il giorno una forte emicrania: da che siete arrivato mi è stato fatto intorno tanto fracasso, che non reggo più.
— Andate soggetta all’emicrania, signora? — disse Ofelia, sorgendo d’improvviso dalla profondità d’un seggiolone dove era seduta, intenta a far l’inventario di ciascuno dei mobili ed a calcolarne il prezzo.
— Oh sì, molto; — rispose Maria — ne soffro come una martire.
— Il decotto di ginepro è un rimedio eccellente per questo male, — disse Ofelia — così almeno mi accertò sempre la moglie del diacono Abramo Perry, che sapeva guarire un’infinità di mali.
— Darò subito ordine che si colgano le prime bacche di ginepro che matureranno in giardino e sulle rive del lago, — disse gravemente Saint-Clare tirando il cordone del campanello.
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