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Evangelina fissò in volto alla madre i suoi grandi occhi pieni di gravità, e disse ingenuamente. —
— Perché dunque, mamma, seguitiamo a tenerli?
— Davvero non saprei dirtelo! So bene che costoro sono il tormento della mia vita, ed ho l’intima convinzione che la mia malferma salute provenga in gran parte da essi. E un’altra verità è che tutti gli schiavi, i peggiori, i più detestabili sono i nostri.
— Maria, — esclamò Saint-Clare — stamani vi siete alzata di cattivo umore! Mammy, ditemi, non è forse la migliore creatura che esista? Come potreste fare a meno di lei?
— Mammy è la più buona che io finora abbia conosciuta, e ciò nonostante — replicò Maria — essa è un’egoista, spaventosamente egoista; ma già, questo è il difetto di tutta la sua razza.
— Ah, l’egoismo è un gran difetto! — esclamò gravemente Saint-Clare.
— Infatti, non è forse un orrore — riprese Maria — quel suo dormire così profondamente la notte, quando ella pur sa che, ammalata come sono, posso ogni momento aver bisogno delle sue cure? Ma no, essa dorme che ci vuole un anno a destarla. E se stamani io sto peggio del solito, ne son causa appunto gli sforzi che ho dovuto fare questa notte per svegliarla.
— Non ha ultimamente vegliato vicino a voi per molte notti, mamma? — domandò Evangelina.
— Come lo sapete? — fece con piglio severo Maria. — Colei se n’è lagnata, suppongo.
— No, Mammy non si è lagnata; soltanto mi ha detto le cattive notti che voi avete passate di seguito.
— Perché, Maria, non fate prendere il suo posto a Giovanna o a Rosa per una notte o due, tanto ch’ella si riposi un poco?
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