— Saint-Clare ride sempre quando io faccio la minima allusione alla mia cattiva salute; — disse Maria con l’accento d’una martire — io m’auguro solamente non venga il giorno ch’egli abbia a ricordarsene! —
E Maria si coprì gli occhi col fazzoletto.
Naturalmente a queste parole seguì un istante di silenzio. Ma poi Saint-Clare si trasse di tasca l’orologio, si alzò, e disse che un affare importante lo chiamava altrove.
Evangelina lo seguì pian piano; miss Ofelia e sua cugina restarono sole a quattrocchi.
— Vedete com’è fatto Saint-Clare! — prese a dire Maria togliendosi il fazzoletto dagli occhi con un gesto disperato, non appena il suo sposo fu uscito. — Egli non comprese mai, non può né vuole comprendere quali e quanti sono i miei patimenti da lunghi anni. S’io fossi una di quelle donne che si lagnano e gemono per cose da nulla, avrebbe ragione di annoiarsi. Gli uomini si sdegnano che una donna parli loro sempre dei suoi mali; ma io ho taciuto, ho taciuto, ho sopportato tutto in silenzio, tantoché Saint-Clare ha finito col credere ch’io possa sopportare ogni cosa. —
Miss Ofelia non sapeva precisamente che risposta dare a sua cugina; e mentre stava pensando a ciò, Maria si asciugò a poco a poco le lacrime, si rassettò le vesti come appunto una tortorella si liscia le piume dopo una pioggia dirotta ed entrò a discorrere d’armadi, di biancheria, di provvisioni, di dispensa, di mille altre cose che venivano affidate a miss Ofelia, e moltiplicò tanto i particolari, le osservazioni, i consigli, che una testa meno fortemente organizzata di quella di miss Ofelia ne sarebbe restata confusa.
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