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      Ma io ho capito dai suoi occhi e da alcune sue parole dette alla sfuggita, ch’egli è sempre del medesimo parere, e ciò in verità mi affligge oltremodo. —
      Miss Ofelia pareva anch’ella lì lì per uscire dai gangheri, e i suoi ferri andavano con tal prestezza, che esprimevano un’infinità di cose. Ma disgraziatamente Maria non lo comprese, e continuò a dire:
      — Vedete dunque quale ardua impresa vi siate assunta: governare una casa dove non esiste alcuna regola, tener a freno servi avvezzati a fare tutto ciò che vogliono, e che non ebbero mai altro sindacato che il mio, il debole sindacato d’una donna sofferente e cagionevole. Io porto meco la frusta, e di quando in quando la fo fischiare: ma è una fatica che m’ammazza. Ah, se Saint-Clare volesse fare egli stesso ciò che fanno tanti altri!
      — E che fanno?
      — Mandano i loro schiavi colpevoli a Calahouse, o in qualche altro luogo, per esservi frustati: non c’è altro mezzo che questo. Se io non fossi così debole e malaticcia, credo che maneggerei la frusta con più energia di quanto potrebbe fare Saint-Clare medesimo.
      — Come fa dunque Saint-Clare a farsi obbedire? Voi mi dite che non percuote mai i suoi servi.
      — Gli uomini hanno maggiore autorità di noi, e sanno comandare assai meglio; d’altra parte, se avete bene osservato gli occhi di Saint-Clare, avrete veduto in essi alcun che di particolare, e quando egli parla da uomo risoluto, ne escon fuori lampi e faville che fanno tremare anche me; i servi sanno bene, allora, che bisogna obbedire. Io, invece, ho un bel fare a sgridarli e riprenderli, e perfin minacciarli: essi se ne ridono; mentre Saint-Clare con una sola occhiata ottiene tutto.


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La capanna dello zio Tom
di Harriet Beecher Stowe
Editore Salani Firenze
1930 pagine 624

   





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