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      Le tende di seta, le pitture, i candelabri, le statuette e le dorature, cambiavano per Tom le sale terrene di quella casa in una specie di palazzo di Aladino.
      Se l’Africa possederà mai una razza cólta e gentile, e di certo bisognerà bene ch’essa una volta o l’altra reciti la sua parte nel gran dramma della civiltà europea, la vita vi scorrerà con uno splendore e con una magnificenza di cui le nostre fredde tribù occidentali hanno appena un’idea.
      In quel misterioso e lontano paese dell’oro, dei diamanti, dei profumi, delle palme ondeggianti, dei fiori maravigliosi, della fertilità prodigiosa, verranno fuori nuove forme dell’arte, splendidezze inaudite; e la razza negra, affrancata dal disprezzo e dalla oppressione sotto cui essa geme attualmente, ci recherà forse le ultime e più magnifiche rivelazioni dell’attività umana.
      Mansueti e umili di cuore, inclinati a lasciarsi guidare da una mente superiore e riposarsi in un più alto potere, amorevoli e semplici come fanciulli, pronti a perdonar sempre, i negri saranno forse un giorno la manifestazione più pura della vita cristiana. E forse Iddio, il quale castiga coloro ch’Egli ama, pose la povera Africa nel crogiuolo dell’afflizione acciocché ella sia la più grande e la più nobile di tutte le nazioni in quel regno ch’Egli fonderà allorché ogni altro regno sarà caduto, «imperocché i primi saranno gli ultimi, e gli ultimi i primi».
      Non erano questi i pensieri di Maria Saint-Clare, la mattina di una domenica mentre stava, adorna di magnifiche vesti, sopra la veranda, e intorno al suo delicato polso fissava col fermaglio un braccialetto guarnito di diamanti.


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La capanna dello zio Tom
di Harriet Beecher Stowe
Editore Salani Firenze
1930 pagine 624

   





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