Tuttavia a qualche cosa ella pensava. Le istituzioni utili le stavano a cuore, ed ella si disponeva a recarsi molto devotamente, carica di gioielli, di seta, di trine, alla chiesa frequentata dal bel mondo. Maria si era fatta una regola di essere dedita alla pietà ogni domenica. Ella si teneva colà svelta, elegante e tutta grazia nei movimenti, ravvolta in una sciarpa di merletti come in un vapore. A tutti gli occhi essa appariva una leggiadra creatura, e sentiva di essere molto pia e molto elegante.
Miss Ofelia, ritta al suo fianco, era un contrapposto perfetto. Non già che la sua veste di seta, il suo scialle, il suo fazzolettino da tasca fossero meno belli; ma vi era in tutta la sua persona alcunché di duro, di angoloso, d’inflessibile che offendeva lo sguardo, quanto lo dilettavano le grazie della sua vicina, tranne la grazia di Dio, ben s’intende.
— Dov’è rimasta Eva? — disse Maria.
— S’è fermata sulla scala per dire qualcosa a Mammy, rispose miss Ofelia.
Che diceva Evangelina a Mammy per le scale? Ecco, lettore, le parole di quell’angiolo che Maria non udiva.
— Io so, cara Mammy, che tu soffri per il dolor di capo.
— Oh, miss Eva! Il capo mi duole di continuo da poco tempo in qua: ma di ciò non vi prendete pensiero.
— Insomma, io godo che tu esca; e, tieni qua, — disse la fanciulletta, circondandola con le sue braccia — prendi la mia boccettina d’odore.
— Che! La vostra bella boccettina d’oro? Signor Iddio! Non voglio, madamigella. Non è cosa che mi si addica.
— E perché no? Tu ne hai bisogno; io non so che farne.
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