— chiese il padre ad Evangelina, la quale entrava allora con un fiore in mano.
— Di che, babbo?
— Che cosa ti par meglio: vivere come da tuo zio nel Vermont, o avere, come qui da noi, la casa piena di servi?
— Oh, già s’intende che è migliore il nostro modo di vivere!— esclamò Evangelina.
— Perché? — domandò Saint-Clare, accarezzando quella testolina di cherubino.
— Perché abbiamo dintorno più persone da amare, — rispose Evangelina guardandolo con gran serietà.
— Ben si riconosce Eva da una tale risposta: — disse Maria — essa tiene sempre strani discorsi.
— E questo un discorso strano, babbo? — gli chiese a fior di labbro, mentre si arrampicava sopra le sue ginocchia.
— Piuttosto sì che no, nel mondo in cui viviamo, — disse Saint-Clare. — Ma dove è stata in tutto il tempo del pranzo In mia piccola Eva?
— Io sono stata nella camera di Tom, a sentirlo cantare; e la zia Dina mi ha portato da pranzo.
— A sentirlo cantare?
— Sì; egli canta bellissime cose della nuova Gerusalemme, degli angeli e del paese di Canaan!
— Io son certo che ti piacciono più dell’opera in musica, non è vero?
— Sì, ed egli m’insegnerà a cantarle.
— Lezioni di canto, eh? Fai progressi!
— Sì; egli canta per farmi piacere. Io, in ricambio, gli leggo la Bibbia, ed egli mi spiega tutto quello che non intendo.
— Ma davvero, — disse Maria — questa è la più gustosa burletta!
— Giurerei — disse Saint-Clare — che Tom non è cattivo commentatore della Bibbia; egli ha disposizioni naturali alla pietà. Io avevo bisogno stamani di far sellare il mio cavallo per tempo, e sono entrato nella sua cameretta sopra la stalla.
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