Vidi la mia sventurata Emilia quella mattina in cui il mercante di negri la menò via seco. Ella venne a me, che ero sdraiato in un angolo per dormire, e mi disse:
«— Povero Giorgio, la sola tua amica ti abbandona! Che sarà di te, povero figliuolo? —
«Mi alzai, le gettai le braccia al collo piangendo e singhiozzando, ed ella pure piangeva. Trascorsero dieci lunghi anni, senza che io udissi più, dopo quelle, altre parole di affetto. Il mio cuore s’inaridiva, e pareva ridotto come cenere, quando t’incontrai. E tu mi amasti, e il tuo amore mi fece rivivere. D’allora io mi sono sentito un altr’uomo.
«E adesso, Elisa, io verserò tutto il mio sangue prima che tu sia strappata da queste braccia. Per impadronirsi di te, bisognerà passare sul mio cadavere.
— O Signore, pietà di noi! — esclamò Elisa, singhiozzando. — Lasciare questo paese insieme, è tutto ciò che desideriamo.
— Iddio sta per loro! — disse Giorgio più per sfogare la sua amarezza che per parlare alla moglie. — Ma perché mai permette simili iniquità? E costoro osano dirci che la Bibbia li approva! Certamente essi hanno la forza: sono ricchi, prosperosi e felici; sono membri d’una chiesa, e sperano di andarsene lassù, dopo aver fatto vita beata nel mondo: tutto favorisce i loro desiderii. E intanto poveri, onesti e fedeli cristiani, cristiani buoni confessi, se non migliori, sono calpestati nella polvere dai loro piedi. Essi li vendono e li comprano, fanno traffico del loro sangue, delle loro lacrime e dei loro gemiti... e Dio li lascia fare!
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