Miss Ofelia principiò la sua ispezione aprendo una fila di cassetti.
— Che cosa riponete in questo cassetto? — domandò miss Ofelia.
— Di tutto, signora, — rispose Dina.
E l’asserzione era esattissima, a giudicarne da ciò che quel cassetto conteneva. E miss Ofelia ne tirò fuori prima una bella tovaglia damascata macchiata di sangue, che evidentemente aveva servito a involgere della carne cruda.
— Che è ciò, Dina? Siete forse avvezza a porre la carne dentro le più belle tovaglie?
— Mio Dio, tutt’altro! Ma poiché non mi capitava altro alle mani, presi cotesta tovaglia... e la misi poi in quel cassetto per lavarla.
«Che sbadata!» pensò miss Ofelia, e diede principio ad una regolare perquisizione del cassetto.
Vi trovò prima una grattugia e due o tre noci moscate, un libro di canti metodistici, molti fazzoletti sudici, lana da far lavori a maglia, una calza cominciata, una pipa e del tabacco; poi alcuni biscotti, un paio di salsiere di porcellana dorata piene di pomata, una o due vecchie scarpe, un pezzetto di flanella in cui erano avvolte con gran cura cinque o sei cipolline bianche, molti tovagliuoli damascati, strofinacci da cucina, alcuni aghi da rattoppare, e finalmente molti giornali rotti, dai buchi dei quali uscivan fuori varie erbe odorose.
— Dove tenete le noci moscate, Dina? — domandò miss Ofelia col piglio di chi preghi internamente che Dio gli conceda pazienza.
— Ma... un po’da per tutto! Ne troverete in cotesta tazza da tè screpolata, negli armadini...
— Ve ne sono anche qui.
— Eh, di certo!
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