In pochi giorni miss Ofelia stabilì in tutta la casa un ordine e un sistema rigoroso; ma in tutte le cose dove era necessaria la cooperazione degli schiavi, le fatiche di lei riuscivano a quello stesso fine che le fatiche di Sisifo.
Un giorno ella fece appello al cugino.
— È impossibile porre un po’ d’ordine in questa casa, — disse.
— Parmi che abbiate ragione, — rispose Saint-Clare.
— Sono tali il disordine, lo sciupio e la confusione, che io non vidi mai altrettanto.
— Non ne dubito punto.
— Non ne parlereste con tanta indifferenza se vi foste preso l’impegno di governare la casa.
— Cara cugina, vi dirò francamente tutta la verità. Noialtri padroni di schiavi siamo divisi in due classi: quella degli oppressori e quella degli oppressi. Noi che siamo di buona pasta e che aborriamo dalla severità, dobbiamo rassegnarci a grandi inconvenienti. Poiché ci piace di esser circondati da una turba di creature inette, indisciplinata, ignoranti, bisogna anche sopportarne le conseguenze. Si vedono di rado padroni dotati d’un tatto singolare che giungono a stabilire l’ordine e la regolarità senza ricorrere a mezzi severi. Il cielo non mi ha concesso tanta grazia. Cosicché ho preso già da tempo la risoluzione di lasciare andare l’acqua per la sua china. A me non piace che a quei poveri diavolacci si rompan le ossa con le battiture; essi lo sanno, e ne abusano.
— Ma non c’è né tempo determinato, né luogo, né ordine, e tutto va alla peggio!
— Mia cara cugina, voialtri nativi del polo artico attribuite al tempo un valore esagerato.
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Ofelia Sisifo Saint-Clare
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