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— Potete rinchiudere ogni cosa e tener le chiavi! Datele provvisioni a poco per volta, e non vi curate del resto.
— Eppure m’incresce, Agostino! Io non posso fare a meno di pensare che questi servi non sono, rigorosamente parlando, onesti. Siete certo che si possa aver piena fiducia in essi? — Agostino diede in una risata vedendo l’aspetto grave e pieno d’ansietà che aveva sua cugina nel rivolgergli questa domanda.
— Cugina mia, questa è carina davvero! Onesti! Come se potessimo aspettarci tanto da loro! Onesti, essi naturalmente non sono. E perché dovrebbero esserlo? Che cosa mai al mondo può renderli tali?
— L’educazione che potreste dar loro.
— L’educazione! Scherzate. Quali buoni ammaestramenti darei ad essi? Ho forse l’aria di pedagogo? In quanto a Maria, senza dubbio essa ha tanto coraggio che basti per ammazzare tutti i negri di una piantagione, se io gliene lasciassi il governo. Ma neppure ad essa riuscirebbe di porre un termine alle loro marachelle.
— Non ve n’è alcuno onesto davvero?
— Oh, sì, di quando in quando se ne trova uno formato dalla natura così sempliciotto, così schietto e così fedele, che nessun cattivo esempio riuscirebbe a corromperlo! Ma vedete, fin dalla prima infanzia il fanciullo di colore comprende che non potrà far nulla se non di soppiatto. Bisogna ch’egli dissimuli co’ suoi genitori, con la padrona, coi padroncini d’ambo i sessi che giuocano con lui; si avvezza necessariamente e inevitabilmente all’astuzia e agli inganni. Non c’è da aspettarsi altro da lui; né egli deve esser punito per questo.
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Agostino Maria
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