Era un grazioso fanciullo! E la padrona sulle prime sembrava molto tenera di lui, perché il meschinello non piangeva mai, e veniva su stupendamente. Ma la padrona si ammalò; io l’assistetti senza posa, e ci guadagnai la febbre; allora tutto il mio latte se ne andò; il mio bimbo rimase in poco tempo pelle e ossa, né la padrona volle comprar latte per nutrirlo. Essa diceva che il poverino poteva mangiare di quanto mangiavano gli altri. Cosicché egli pativa orribilmente, strillava, strillava giorno e notte: e la padrona lo prese in odio, e disse che era una cosa insopportabile. «Vorrei che fosse morto!» esclamava; né voleva lasciarmelo di notte, dicendo che mi teneva sveglia e m’impediva di fare il mio dovere. Mi fece dormire nella sua camera, ed io ero costretta a lasciare il mio bimbo abbandonato in una soffitta; quivi una notte il poverino strillò tanto, che morì. Io cominciai a bere per stordirmi, per non aver più i suoi strilli nelle orecchie. E berrò sempre, anche a costo di andare all’inferno.
— Povera donna! — disse Tom. — Nessuno vi ha mai detto che il Signore vi amò e che morì per voi? Nessuno vi ha mai detto che Egli può soccorrervi, e che voi potete andare in cielo a trovarvi finalmente il riposo?
— Eh, son proprio incamminata verso il cielo! — disse la donna. — Forse che non vi saranno bianchi colà? Suppongo che anche colà mi maltratterebbero. Oh, mi è più caro andar nell’inferno ed esser lungi dal padrone e dalla padrona! Sì, sì, mi è più caro. —
E accompagnando queste parole con un sordo grugnito, si rimise in capo la sua cesta e si allontanò.
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Tom
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