— Già io pensavo che un giorno o l’altro sarebbe andata a finire a questo modo! — disse Saint-Clare riprendendo il suo giornale.
— Come, ci pensavate, e nulla faceste per impedirlo? Non avete qui alcuna persona autorevole da interporsi venendo a cognizione di fatti simili?
— Di solito si suppone che l’interesse dei privati sia garanzia bastante in tali casi. Se la gente vuol distruggere la sua proprietà, io non vedo che cosa altri possa farvi. Sembra che la povera creatura avesse le mani un po’ fatte a uncino e alzasse troppo il gomito; per cui non c’è molto da sperare che essa ecciti gran simpatia.
— È un’infamia, è un orrore, Agostino! Ciò trarrà certamente la vendetta del cielo sul capo di voi tutti.
— Cara cugina, io non ci ho colpa, né ci posso far niente: eppure lo vorrei, se potessi. Se gente ignobile e brutale agisce in modo degno di sé, che possiamo dire, noialtri? Essi hanno un’autorità assoluta. Sono despoti che non devono rendere ragione dei fatti loro. Sarebbe inutilissimo il porvisi di mezzo. Non esiste legge che abbia un valore pratico in casi simili. Il meglio che vi sia da fare è di turarci gli orecchi, chiudere gli occhi e non immischiarcene. Non c’è altro scampo.
— Come vi basta l’animo di turarvi gli orecchi e chiudere gli occhi?
— Cara mia, che cosa sperereste dunque? Una classe avvilita, ineducata, indolente, petulante, è in piena balìa dei bianchi che sono assai più numerosi, che non hanno freno né autorità che li sovrasti, che non sono nemmeno abbastanza avveduti nei propri interessi.
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Saint-Clare Agostino
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