Egli aveva occhi neri e vivaci, capelli neri e lucidi, un forte e bel profilo romano, era bruno e ben complesso della persona; io, invece, biondissimo, con occhi azzurri, carnagione bianca e delicata. Egli era attivo, io pensatore. Egli era generoso coi suoi amici e coi suoi eguali, ma superbo, imperioso, arrogante con gl’inferiori e inesorabile con gli avversari. Ci amavamo, come di solito i fratelli si amano tra loro: ora sì, ora no; mio fratello era il prediletto di mio padre, ed io il beniamino di mia madre.
Eravi in me una sensibilità, per così dire, morbosa, ed una vivacità d’impressioni per cose che mio fratello e mio padre non comprendevano e per le quali non potevan provare la menoma simpatia. Ma mia madre mi conosceva; perciò, allorché io avevo altercato con mio fratello, e quando mio padre mi guardava con occhio severo, io correvo nella camera di mia madre e mi ponevo a sedere vicino a lei. Mi par di vederla ancora con quella sua placida e soave fisonomia, con quel suo sguardo tenero, profondo, grave, con quella sua veste bianca! Mia madre vestiva sempre di bianco, ed io pensavo sempre a lei tutte le volte che leggevo nell’Apocalisse quel che v’è scritto dei santi vestiti di chiare e bianche vesti, lunghe fino ai piedi. Mia madre aveva le più belle doti e la più grande attitudine ad ogni sorta di pregi, in special modo alla musica, nella quale era, al dire di tutti, eccellente; e quando ella, seduta per lunghe ore davanti all’organo, faceva sentire le antiche e sublimi ispirazioni della chiesa cattolica, cantando con una voce somigliante più alla voce di un angelo che a quella d’una donna, io posavo la testa sopra le sue ginocchia, e piangevo, pensavo, e sentivo.
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Apocalisse
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