Alcuni momenti dopo, allegre risa si udivano attraverso le tende di seta. Evangelina e suo padre si lanciavano rose l’una con l’altro e s’inseguivano nei viali del giardino.
V’è da temere che la storia del nostro amico Tom sia un po’negletta in mezzo alle avventure degli altri personaggi; ma se i nostri lettori vogliono seguirci al disopra delle scuderie, potranno saper qualche cosa di lui.
Quivi era una cameretta assai pulita, contenente un letto, una seggiola e un tavolino di quercia su cui si vedevano la Bibbia di Tom e un libro di cantici, e colà noi lo troviamo, seduto con la sua lavagna dinanzi e tutto inteso ad una gran fatica di mente.
Le aspirazioni di Tom verso la sua propria famiglia erano divenute sì ardenti, ch’egli aveva chiesto a Evangelina un foglio di carta, e riguardando tutte le nozioni letterarie da lui acquistate sotto l’insegnamento del suo padroncino Giorgio, formò l’ardita risoluzione di scrivere una lettera; ed ora ne tracciava sopra la sua lavagna il primo abbozzo. Egli si trovava grandemente impacciato, poiché aveva dimenticato la forma di alcune lettere, e non sapeva precisamente come servirsi di quelle che si ricordava.
Mentre Tom, con tutte le sue forze intellettuali, attendeva a quell’importante lavoro, ecco giungere, come un uccello, Evangelina, che, montata sul dosso della sedia, si pose a guardare al disopra della spalla di lui, e disse:
— Oh, zio Tom, che brutti scarabocchi state facendo!
— Mi provo a scrivere alla mia povera vecchia, miss Eva, ed ai miei figliuoli; — disse Tom, asciugandosi gli occhi col rovescio della mano — però temo di non riuscirvi.
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