E invero quella infaticabile operosità poteva dar qualche fondamento di ragione alle lagnanze di lei.
Miss Ofelia cuciva dalla mattina alla sera con l’alacrità di una persona che fosse eccitata dal pungolo d’una necessità urgente; quando tramontava il giorno, essa ripiegava il suo lavoro e subito poneva mano all’interminabile calza e tornava a dar nei ferri più vivamente che mai.
— Era proprio una fatica il solo vederla.
XX.
TOPSY.
Una mattina, mentre miss Ofelia era tutta intenta alle sue cure domestiche, Saint-Clare la chiamò di fondo alla scala.
— Scendete un po’, cugina; ho una cosa da mostrarvi.
— Che cos’è?— domandò Ofelia, venendo giù col suo lavoro in mano.
— Ho fatto un acquisto per voi: guardate. — E spinse davanti a sé una negretta di otto o nove anni circa. Era una delle più nere della sua razza; i suoi occhi rotondi e luccicanti come grosse perle di vetro si fermavano tratto tratto, nel perpetuo loro moto, sopra ogni oggetto della stanza; la sua bocca, semiaperta dallo stupore nel veder le ricchezze della sala del suo nuovo padrone, mostrava due file di bianchissimi denti, e i suoi lanuti capelli erano divisi in un gran numero di piccole trecce che si sparpagliavano per tutti i versi. La sua fisonomia, che mostrava una certa intelligenza non disgiunta da malizia, era temperata da un velo di soave malinconia e di gravità precoce e solenne. Aveva addosso soltanto una camicia di rozza tela, sudicia e strappata, e si teneva immobile, con le mani incrociate sul petto. Tutto ciò dava alla sua figura un aspetto così strano e fantastico, che miss Ofelia ne fu conturbata.
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Ofelia Ofelia Saint-Clare Ofelia Ofelia
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